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- Scritto da IL DELITTO
Ogni giorno i corrieri prelevano e trasportano milioni di colli; e una bassa percentuale di consegne può non andare a buon fine per diversi motivi, dipendenti da errori del mittente, indisponibilità del destinatario o disguidi del vettore. La materia è regolata da specifiche norme che tutelano assai scarsamente chi spedisce, tanto più che lo smarrimento (o furto) di un pacco non causa solamente un danno economico, magari modesto, ma tribolazioni pesanti di altro genere, con implicazioni di tipo affettivo o perdita di reputazione.
I siti internet che permettono di spedire non sono dei vettori, ma servizi di comparazione che svolgono un tramite fra cliente e corriere scelto, al quale incombono poi gli oneri di prelievo e di consegna. Gli inghippi sorgono allorché, all’insaputa di utente o consumatore, entrano in crisi i rapporti contrattuali di collaborazione fra piattaforma e spedizioniere.
Nel caso di My Smart Courier, sul sito di Trustpilot e su altri di sondaggio si leggono le recensioni di utenti che dopo aver pagato non hanno nemmeno ricevuto la cosiddetta lettera di vettura, il documento che viene emesso dal corriere per potere effettuare la spedizione in tutte le fasi inserendone anche i dati nei sistemi informatici. Conseguenza? I pacchi non sono stati, ovviamente, mai ritirati. Colli regolarmente prelevati all’indirizzo del mittente, invece, sono stati restituiti dopo parecchio tempo in quanto bloccati durante il viaggio per intervenuta interruzione o sospensione dei rapporti commerciali fra Smy Smart Courier e lo spedizioniere.
Trattandosi di spedizioni classificate business, i reclami potrebbero essere aperti solo dal merchant-piattaforma attraverso il quale è stata acquistata la spedizione, ma My Smart Courier non risponde alle lamentele e persino il numero del servizio clienti al quale eventualmente rivolgersi è inesistente.
L’impresa risulta con sede legale a Napoli e ne è titolare Pasquale Acampa, un giovane formatosi come magazziniere in una azienda di spedizioni del nonno. L’idea di avviare un servizio di spedizione mediante comparazione di varie offerte è stata vincente, tant’è che per diverso tempo My Smart Courier ha operato onorevolmente con soddisfazione dei clienti, anche per le tariffe e la gamma di proposte, con possibilità di scegliere quasi fra tutti i più importanti corrieri internazionali; possibilità che a un certo punto si sono vieppiù assottigliate, mentre sono aumentati, finendo fuori controllo, i disguidi, per i quali i clienti – diventati ormai ex – gridano alla truffa e annunciano denunce.
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- Scritto da Salvo Bella
Un ministro della Cultura che piange di prima sera in tv non s’era mai visto; patetico Gennaro Sangiuliano, neo detentore di questo record, può far ridere o suscitare commiserazione. Non so che dire a questo mio collega giornalista che da direttore del Tg2 era stato largamente apprezzato senza dovere scendere dal suo rispettabile scanno, mentre da politico s’è dovuto abbassare perché inseguito da dichiarazioni di fuoco di una ex amica che avrebbe voluto portarsi come consulente al ministero, senza poi riuscirci. Vero è che per restare ministri non si richiedono più in Italia scaltrezza e palle, per cui non ha nemmeno senso gridare allo scandalo.
L’odierna eroina della vicenda è quella tale Maria Rosaria Boccia che opinionisti devoti al ministro chiamano “esperta pompeiana”, un modo sprezzante per sottovalutare, se non disprezzare, la donna e la professionista, che Sangiuliano ha apprezzato portandosela non solo in bikini a mare ma pure appresso per l’Italia in cerimonie e facendola viaggiare nell’auto blindata che paghiamo noi contribuenti: esperta era di cultura e non solo nel mostrarsi bella e attraente come si addice a una donna moderna che voglia farsi ammirare.
Il ministro, dunque, non si dimette.
Tutti si trovano d’accordo nel ritenere che la vicenda del legame sentimentale fra Gennaro e Maria Rosaria non doveva essere portata in politica. Ma vi è che l’amore era sbocciato radiosamente mischiato ad obiettivi di collaborazione istituzionale, di “lavoro”, pur non retribuito, e di successo; un traguardo che la Boccia è stata a un passo dal raggiungere subito senza alcuna tribolazione, alla faccia di un esercito di persone che aspettano di poter partecipare a un raro concorso per vincere un posticino o inviano continuamente il curriculum alle pubbliche amministrazioni senza ottenere nemmeno una risposta. A obiettivi sfumati, l’amore s’è trasformato in sfida a chi racconta meglio verità scomode; un teatrino ridicolo al quale un rappresentante delle istituzioni non dovrebbe partecipare.
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- Scritto da Salvo Bella
L’accanimento contro gli orsi in Trentino non è più solo roba di gente selvaggia che spara a pallettoni, ma anche una bella trovata di politici di quattro soldi con la potestà di ordinare di ammazzare. Siamo di fronte a delitti che delitti non sono perché si tratta di animalicidi, comunque un fronte allarmante non più relegato al mondo sporco di bracconieri che andrebbe ad allargarsi con diritto di uccidere per sentenza e più avanti forse anche per legge.
Indigna la recente eliminazione dell’orso M90, con un discutibile provvedimento che in nessuna parte del mondo trova forse applicazione (ed è giusto) nei confronti del più sanguinario mafioso.
Ridicole e astruse sono inoltre le motivazioni. Ogni animale – come gli esseri umani – può aggredire. La tutela dell’incolumità personale richiede però che ognuno nell’esercitare il proprio diritto di andare per boschi lo faccia con cautela, consapevole di invadere un territorio che appartiene ad altri che vi abbiamo fatto proliferare e perciò col dovere di non infastidire.
Hanno goduto alquanto propagandando la presenza dell’orso come elemento di attrazione turistica; e ora c’è chi da sconosciuto per balzare sulla scena nazionale si erge a sceriffo contro l’animale: un cinismo da bassifondi che la politica maiuscola non dovrebbe permettere. Invece accade che dall’alto si minacciano addirittura provvedimenti contro una giornalista, la mia collega Silvia Di Tocco della Rai, che con coraggio, per protesta, ha ritirato la firma da suoi servizi televisivi che esaltavano una città trentina: un suo diritto sacrosanto e in più un atto che gli altri giornalisti dovremmo compiere per motivi di civiltà.
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- Scritto da IL DELITTO
Le liste d’attesa della sanità in Lombardia sono allarmanti: per ottenere una ecografia all’ospedale di Legnano bisogna aspettare più di quattordici mesi, una situazione non più sostenibile che costringe molti pazienti a rinunciare alle cure.
Per una prescrizione di tipo D (attesa massima sessanta giorni) del 20 dicembre e prenotazione dello stesso giorno è stata resa disponibile come prima data quella del 27 febbraio 2025. Agli sportelli del centro unico per le accettazioni allargano le braccia, ricordando che “a Legnano c’è anche uno studio privato in convenzione….”.
La sanità pubblica in Lombardia è allo sfascio, come contestano le opposizioni al governo regionale: si smantella, alimentando curiosamente gli incassi delle strutture private.
Il piano del governo da tre miliardi per alleviare la piaga è ancora in alto mare, ma il ministro Orazio Schillaci pensa a “un’autorità che controlli cosa accade nelle singole Regioni, controlli ciò che accade prestazione per prestazione”.
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- Scritto da IL DELITTO
Papa Francesco e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sono stati censurati oggi da Facebook, che considera offensivo un articolo di Salvo Bella che diffonde i loro incessanti richiami per la pace e contro le guerre.
L’articolo, col titolo “Il Papa e Mattarella contro i massacri nel mondo”, è stato pubblicato stamani dalla nostra rivista online “Il delitto” di politica, cronaca, indagini, prevenzione e repressione del crimine, diretta da Bella. Facebook ne impedisce la diffusione mediante condivisione nei propri spazi social, mostrando un perentorio avviso: “Attenzione: alcuni contenuti di questo messaggio sono bloccati. Non è stato possibile inviare il tuo messaggio per la presenza di contenuti segnalati come offensivi da altri utenti di Facebook”; peccato che la censura è cominciata subito dopo la pubblicazione, prima che alcuno avesse potuto leggere lo scritto.
Facebook dal mese di ottobre ha eliminato da svariate pagine, con identica motivazione infondata, i post che molti utenti avevano pubblicato negli anni condividendo articoli apparsi su “Il delitto”: uno, “Documento storico Rai1 su un super poliziotto”, del 19 settembre, riguardante l’uccisione dell’ispettore capo Giovanni Lizzio, eliminato anche dalla pagina della figlia dell’eroico servitore dello Stato; un altro, “Germania, rivelazioni sul cacciatore di anoressiche”, del 24 ottobre, su una documentazione della rivista “Crime”, speciale del prestigioso settimanale tedesco “Stern”, che ricostruisce la storia del “cacciatore di anoressiche” Marco Mariolini, uno dei casi criminali più eclatanti commessi nel mondo.
Le numerose proteste hanno sortito finora il 23 novembre solo una risposta dei legali di Facebook Italy, che “non ospita, non gestisce e non controlla Facebook”. La diffida è stata perciò reiterata a Dublino alla società Meta Platforms Ireland, ritenuta il soggetto competente a cessare l’arbitraria censura. Il risultato, però, è eclatante: non solo non viene posta fine all’anomalo comportamento di assurdi algoritmi di Facebook, ma addirittura si alza il tiro arrivando a classificare come offensivo un articolo che diffonde gli appelli del Papa e del Presidente Sergio Mattarella per la pace nel mondo.
“Tuteleremo nelle sedi giudiziarie – dice Salvo Bella – il diritto all’informazione e la nostra onorabilità. Da giornalista professionista iscritto all’Ordine da ben cinquantadue anni, sono stato nel mirino della mafia perché la lottavo a fianco dello Stato; ma l’attacco di Facebook è inspiegabile, delirante e offensivo”.
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- Scritto da Salvo Bella
I repubblicani hanno bloccato in USA gli ulteriori miliardi all’Ucraina per sostenere la guerra contro la Russia, aiuti voluti dal presidente Biden, che su un altro versante si dissocia invece da Israele per i massacri nella striscia di Gaza. “Guerra è sempre una sconfitta, fermatevi!” è l’appello incessante del Papa ai potenti del mondo; e gli fa da eco il monito del Presidente Sergio Mattarella: "Guerra sciagurata, la pace è urgente e necessaria".
L’attacco da parte della Russia e il conflitto che ne è scaturito continuano a causare ogni giorno vittime e distruzioni in Ucraina. I vari tentativi di mediazione si sono rivelati blandi; e le sanzioni contro l’aggressore hanno causato effetti boomerang con ricadute pesanti su gran parte dell’Europa. L’Occidente ripensa timidamente sui miliardi spesi per l’invio di aiuti; ma a frenare è la consapevolezza che la fine del conflitto non alimenterebbe più gli affari dei potenti che forniscono armi e munizioni, quei veleni contro i quali il Papa non smette di richiamare sin dall’inizio del suo pontificato, da testimone diretto di miseria e violenze sul popolo.
Ferma la condanna dell’attacco terroristico a Israele, le carneficine e le distruzioni a Gaza vanno oltre qualsiasi diritto di rappresaglia: lo dicono Papa Francesco e il Capo dello Stato italiano – esempi alti di raccomandazione alla pace, a difesa dell’umanità e contro qualsiasi forma di violenza - e lo ripete l’Onu. Il numero dei morti, di svariate migliaia, è impressionante; e suscita indignazione il freno agli aiuti umanitari per cercare di salvare esseri umani senza cibo, senza casa e senza cure. Il cessate il fuoco è indifferibile.
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- Scritto da IL DELITTO
Facebook considera offensiva anche una documentazione della rivista “Crime”, speciale del prestigioso settimanale tedesco “Stern”, che ricostruisce la storia del “cacciatore di anoressiche” Marco Mariolini, uno dei casi criminali più eclatanti commessi nel mondo. La censura arriva in Germania indirettamente colpendo in Italia un articolo dedicato a “Crime” dalla rivista online “Il delitto” (www.ildelitto.it), da mesi vittima di un oscuramento totale da parte del colosso social americano.
Facebook ha eliminato da svariate pagine i post che molti utenti avevano pubblicato negli anni condividendo articoli apparsi su “Il delitto”; i cui contenuti vengono tuttora bloccati facendoli apparire come illeciti. La curiosissima anomalia coinvolge di riflesso – come nel caso di “Stern” - importanti organi di informazione indicati dalla rivista come propria fonte.
Le numerose proteste hanno sortito finora il 23 novembre solo una risposta dei legali di Facebook Italy, che “non ospita, non gestisce e non controlla Facebook”. La diffida è stata perciò reiterata a Dublino alla società Meta Platforms Ireland, ritenuta il soggetto competente a cessare l’arbitraria censura.
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- Scritto da IL DELITTO
Storie di donne che hanno subìto violenza saranno al centro di un dibattito alle 17 di venerdì 1 dicembre a Milano alla Casa della Psicologia, in piazza Castello 2; a tenere la conversazione saranno la psicologa e criminologa Solidea Valente, il giornalista e scrittore Salvo Bella e la presidente degli avvocati matrimonialisti italiani avv. Maria Furfaro.
L’incontro era stato programmato dall’associazione Criminal-Mente ad ottobre, prima del grave turbamento suscitato nell’opinione pubblica dagli ultimi casi raccapriccianti di femminicidio. Lo spunto ha tratto origine dalla pubblicazione dell’interessante libro “L’odore del sangue” di Solidea Valente, poliedrica figura di intellettuale alla quale si devono numerose iniziative su temi criminologici.
Il dibattito di Milano, patrocinato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia, punterà ad analizzare l’efficacia dei rimedi attuali e di altri possibili per prevenire gli scellerati delitti contro le donne.
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- Scritto da IL DELITTO
Una diffida a Facebook contro le epurazioni inspiegabili è stata inoltrata dalla rivista anticrimine www.ildelitto.it, oscurata dal colosso americano senza alcuna ragione. In 24 ore il social ha rimosso il nome e i contenuti della rivista da tutti i post, anche risalenti ad anni fa, apparsi in pagine personali e in gruppi, con una ricerca mirata e puntigliosa come se si fosse a caccia di terroristi.
Il sito web viene ritenuto falsamente tossico in base a presunte segnalazioni, forse immaginarie, che Facebook afferma genericamente di avere ricevuto su contenuti offensivi, secondo “Il delitto” del tutto inesistenti. La diffida formale, di ieri, è perché il social rimedi a ore alla censura, ritenuta illegittima e gravemente pregiudizievole di interessi generali, del diritto all’informazione e della reputazione dell’organo di stampa. “I nostri contenuti possono essere sgraditi – dice il giornalista Salvo Bella, direttore de Il Delitto – solo a mafiosi e delinquenti”.
Sentenze: il social non può fare ciò che vuole
Non è la prima volta che Facebook prenda abbagli, conseguenza di valutazioni affidate soltanto a un algoritmo o di segnalazioni non sottoposte ad alcun vaglio di merito. Le cronache sono zeppe di comportamenti clamorosi, a cominciare dal blocco di iscritti al social che sono stati ritenuti illeciti dalla magistratura. La Corte d’appello di Bologna ha confermato quest’anno la sentenza di primo grado che ha condannato il social per avere rimosso ingiustificatamente il profilo dell’avv. Vincenzo De Gaetano. I giudici hanno ribadito che la rimozione ingiustificata dell'account personale costituisce violazione della libertà di espressione e della personalità dell'utente, che sono tutelate dalla Costituzione. Precedentemente il tribunale aveva ritenuto che “la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione”.
Alla luce delle pronunce giudiziarie, è evidente che Facebook non può fare ciò che gli piace.
Lo scandalo: bloccati post condivisi da siti affidabili
In piena pandemia Covid, nel 2020 la piattaforma ha bloccato anche la condivisione di alcuni post sul coronavirus provenienti da siti affidabili come Buzzfeed, Usa Today, Atlantic e Medium: non si è trattato di una deliberata censura, ma di un bug causato da un sistema automatico, che confondeva capre e cavoli: uno scandalo. Il caso del sito ildelitto.it è tale e quale.
Incurante delle segnalazioni, Facebook aggrava
Il giornalista Salvo Bella nei giorni scorsi aveva tempestivamente avvisato il social di ciò che stava accadendo. “Le mie segnalazioni – dice Bella – sono rimaste però senza risposta. Di ora in ora, anzi, Facebook ha aggravato la situazione rimuovendo dai profili di qualsiasi utente i post che, persino molti anni fa, condividevano articoli della mia rivista o semplicemente ne citavano il nome: se gli articoli erano affidabili allora, come possono essere diventati adesso da eliminare? Vorremmo una spiegazione. Tuttora chi tenta di condividere qualche notizia dal sito si vede addirittura apparire un messaggio con l’avviso che non può farlo poiché la fonte è inaffidabile, quasi che fossimo malfattori o propalatori di fake news; un giudizio privo di fondamento e propagato con effetti diffamatori dei quali ho chiesto l’urgente interruzione, con il ripristino di tutti i post cancellati. I nostri contenuti sono sempre stati di lotta alla mafia e al crimine nonché di difesa delle vittime, i cui diritti non possono essere calpestati con colpi di spugna inverecondi, da parte di chicchessia, malandrino o miliardario”.
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- Scritto da Salvo Bella
L’algoritmo che controlla i contenuti di Facebook è uno strumento importante, ma spesso ne combina di grosse. Ha eliminato ora qualsiasi rimando ad articoli – recenti e anche risalenti ad anni fa - del sito web www.ildelitto.it per “violazione delle regole” immaginando che istighi alla violenza sol perché vi intercetta la parola “delitto”: un abbaglio clamoroso, poiché le materie della rivista on line sono cronaca, prevenzione e repressione del crimine.
Può essere spiacevole il fatto che il direttore della rivista online “Il delitto” sono proprio io; che da giornalista professionista ultradecano, in ben cinquantadue anni di lavoro in prima linea, sono scampato alla mafia e alla malavita che più volte ha tentato di tapparmi la bocca ammazzandomi. Un cronista di razza non ha bisogno di millantare chissà che: vantando un curriculum di redattore di importanti testate, consulente della Commissione parlamentare antimafia, autore di inchieste durissime e di libri premiati, me ne impiperei della censura da parte di chi fa miliardi incurante del diritto alla pluralità dell’informazione.
L’obbrobrio è che la scandalosa censura, ovviamente frutto dell’abbaglio di una formula, tappa la bocca in modo risolutivo e antidemocratico: senza offrire alcuna spiegazione e senza permettere di replicare per ottenere la revisione del problema, se non con un modulino nel quale inserire venti parole che, come Facebook avverte, nessuno si piccherà poi di leggere.
Affidare a una formula il compito di decidere sulla bontà di contenuti è vantaggioso ai fini della tempestività e per l’enorme risparmio di lavoro nella individuazione di contenuti tossici; ma a farne le spese non possono essere anche utenti corretti della piattaforma social. I casi di abbagli dell’algoritmo di Facebook sono innumerevoli e deprecabili, soprattutto quando, come nel caso della mia rivista “Il delitto”, colpiscono siti web indipendenti: il social, infatti, anziché analizzare i contenuti propri degli iscritti impedisce loro di condividere quelli di terzi, limitandone la diffusione.
Questi modi bischeri, pur discriminando, non nascondono forse l’intento di condizionare l’opinione pubblica; ma confermano che l’intelligenza artificiale, senza il controllo umano, può anche commettere delitti: all’offesa, alla denigrazione e al discredito si aggiunge infatti l’illecito, giuridicamente apprezzabile, di impedimento della diffusione di stampa in regola con le leggi dello Stato italiano e di ogni altra nazione. A Facebook si diano una smossa, rimediando senza indugio.
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- Scritto da Corrado Venezia
Il caso del “cacciatore di anoressiche” Marco Mariolini, che nel 1997 annunciò in un libro un omicidio poi commesso l’anno dopo a Intra, torna ad appassionare all’estero a pochi giorni da una drammatica ricostruzione della rivista “Crime”, speciale del prestigioso settimanale tedesco “Stern”. Il documento è imperniato su un’intervista esclusiva al giornalista e scrittore Salvo Bella, che a Milano ha raccontato all’inviato Claudio Rizzello come riuscì nel 1996 a smascherare il maniaco.
La rivista si occupa dei delitti più eclatanti e curiosi commessi nel mondo, offrendo ampia e rigorosa documentazione di interesse criminologico e storico. Dedica ora dieci pagine del numero 51 di novembre e un richiamo in copertina sotto il titolo “Hunger - Er liebte es, wenn sie fur ihn litten” (“Godeva quando soffrivano per lui”). Nel rievocare le inchieste svolte per decenni in Sicilia da Salvo Bella sulla mafia, rivela le drammatiche circostanze che sfociarono nel primo incontro fra uno sconosciuto e il giornalista, che l’aveva invitato a un appuntamento davanti al Duomo di Milano, evitando luoghi solitari, poiché temeva di cadere in un agguato della malavita organizzata, che più volte aveva tentato di ucciderlo.
Non fu facile scoprire di quale genere fossero le rivelazioni che l’inquietante soggetto aveva annunciato, lasciandosi poi identificare come l’antiquario Marco Mariolini della provincia di Brescia.
Solo dopo altri incontri l’uomo svelò finalmente di essere ossessionato dall’attrazione per le donne magrissime e di avere rischiato più volte di ucciderne. Consegnò un memoriale che sperava di avere pubblicato in forma anonima, ma fu convinto da Bella a venir fuori col proprio nome.
Il libro, pubblicato da Gruppo Edicom, suscitò notevole clamore: il maniaco, che chiedeva di essere fermato, vi annunciava infatti un omicidio; ma il caso fu preso sotto gamba anche dalla magistratura, che, pur informata dai carabinieri, non intervenne. Il delitto fu poi commesso un anno dopo.
Il caso è stato ampiamente seguito in Germania: dal libro è stato tratto il film di Matteo Garrone “Primo amore”, premiato al Festival cinematografico internazionale di Berlino.
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- Scritto da Corrado Venezia
La distribuzione della posta nei paesi etnei è bloccata da giorni al Centro Operativo Postale di Pedara, in provincia di Catania, per l’assenza della dirigente; il personale dice “Ha la febbre, ha portato le chiavi e non possiamo entrare”. Restano inevase anche le raccomandate fra le tonnellate di oggetti che giornalmente vengono scaricati lì in un cortile dai furgoni del Centro di meccanizzazione postale di Pantano d’Arci.
L’inspiegabile disastro coinvolge numerosi paesi a monte del capoluogo etneo, perché dal Centro Operativo delle Poste Italiane di Pedara escono al mattino, con gli oggetti di corrispondenza da recapitare a domicilio, i postini di varie località. Il mancato accesso ai locali continua a impedire fra l’altro da giorni l’ulteriore smistamento locale in base alle zone di recapito; e la situazione è andata ad aggravarsi di giorno in giorno senza che alcuno provveda.
Fra i malcapitati destinatari che non ricevono a Pedara la posta c’è l’ispettore di polizia Gaetano Alemanni: attende una raccomandata partita dalla Lombardia il 5 ottobre, pervenuta da diversi giorni a Catania e da lì a Pedara, dove è rimasta ferma. “Ho tentato stamattino – dice l’interessato – di recuperare la raccomandata, per me importante, al Centro Operativo Postale di Pedara, ma senza riuscirci. Mi è stato spiegato, da un addetto che veniva da Catania e scaricava nel cortile la corrispondenza, che il Centro Operativo è fermo, è rimasto chiuso perché la dirigente ha la febbre e ha tenuto con sé le chiavi per poter entrare”.
L’interruzione di pubblico servizio è di una gravità rilevante, da richiedere l’intervento urgente della Procura della Repubblica di Catania.
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- Scritto da ildelitto
Il quotidiano “La Sicilia” di Catania ha ignorato la trasmissione televisiva “Cose Nostre” di Rai1 andata in onda lunedì scorso 18 settembre, dedicata, col titolo “Le regole dello sbirro”, all’omicidio dell’ispettore capo di polizia Giovanni Lizzio, ucciso dalla mafia il 27 luglio 1992 proprio nel capoluogo etneo.
La puntata, condotta da Emilia Brandi, ha avuto un indice di ascolto elevatissimo, con un riscontro importante della stampa nazionale, che, con in testa “Corriere della Sera” e “La Repubblica”, ne ha esaltato la qualità per i coraggiosi e importanti contenuti.
“Cose Nostre” ha basato la sua ricostruzione sul racconto drammatico del giornalista e scrittore Salvo Bella, che fu amico di Giovanni Lizzio. Bella va alla carica sulla “dimenticanza” del quotidiano “La Sicilia”: “Questi silenzi – dice – preoccupano, sono un brutto sintomo. Gloria Piazzai, che è lo straordinario produttore esecutivo della trasmissione Cose Nostre di Rai1, nella puntata ha persino esaltato il quotidiano catanese mostrandone lo stabilimento con la testata nell’insegna gigantesca. A chi o a che cosa serve ignorare l’eroico Giovanni Lizzio? Provo grande pena per il giornale nel quale per decenni ho lavorato come specializzato di nera rischiando più volte di essere ammazzato”.
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- Scritto da Corrado Venezia
La puntata di “Cose Nostre” a Rai1 ha esaltato ieri sera la figura dell’ispettore capo di polizia Giovanni Lizzio, ucciso a Catania dalla mafia il 27 luglio 1992: una ricostruzione drammatica attraverso il racconto agghiacciante del giornalista e scrittore Salvo Bella, anch’egli entrato più volte nel mirino della malavita organizzata.
Emilia Brandi, che dirige e conduce la serie televisiva, ha ricostruito il terribile scenario dei delitti in quegli anni nella provincia etnea: centotrenta morti l’anno fra le cosche in lotta, una guerra nella quale emergeva il boss Benedetto Santapaola e solo pochi inquirenti e giornalisti stavano in trincea per lottare i criminali. Come da titolo della trasmissione emergono “le regole dello sbirro” proprie di Giovanni Lizzio, investigatore tenace e inflessibile divenuto ben presto popolare, ma per questo anche oggetto di invidie e di calunnie, fino all’isolamento e all’uccisione.
“Cose Nostre” spazza via le vergognose maldicenze sul superpoliziotto e ne esalta le qualità umane e professionali, avvalendosi del racconto di Salvo Bella e del contributo di Grazia Lizzio, figlia della vittima, e del funzionario di Polizia Marcello La Bella, che aveva lavorato con Giovanni alla sezione antiestorsioni della questura. Ai testi elaborati per “Cose Nostre” dal giornalista Beniamino Daniele si aggiungono rari documenti raccolti da Lorenza Pleuteri, impaginati dal regista Raffaele Maiolino insieme con filmati originali e le testimonianze di mafiosi pentiti.
Gloria Piazzai, produttore esecutivo di “Cose Nostre”, ha curato con Emilia Brandi una puntata di importanza storica, che ha ottenuto un successo di ascolti e suscitato consensi in tutta Italia soprattutto negli ambienti di polizia; può essere rivista su RaiPlay.
- Su Rai1 guerre di mafia e omicidio eccellente a Catania
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