Una diffida a Facebook contro le epurazioni inspiegabili è stata inoltrata dalla rivista anticrimine www.ildelitto.it, oscurata dal colosso americano senza alcuna ragione. In 24 ore il social ha rimosso il nome e i contenuti della rivista da tutti i post, anche risalenti ad anni fa, apparsi in pagine personali e in gruppi, con una ricerca mirata e puntigliosa come se si fosse a caccia di terroristi.
Il sito web viene ritenuto falsamente tossico in base a presunte segnalazioni, forse immaginarie, che Facebook afferma genericamente di avere ricevuto su contenuti offensivi, secondo “Il delitto” del tutto inesistenti. La diffida formale, di ieri, è perché il social rimedi a ore alla censura, ritenuta illegittima e gravemente pregiudizievole di interessi generali, del diritto all’informazione e della reputazione dell’organo di stampa. “I nostri contenuti possono essere sgraditi – dice il giornalista Salvo Bella, direttore de Il Delitto – solo a mafiosi e delinquenti”.
Sentenze: il social non può fare ciò che vuole
Non è la prima volta che Facebook prenda abbagli, conseguenza di valutazioni affidate soltanto a un algoritmo o di segnalazioni non sottoposte ad alcun vaglio di merito. Le cronache sono zeppe di comportamenti clamorosi, a cominciare dal blocco di iscritti al social che sono stati ritenuti illeciti dalla magistratura. La Corte d’appello di Bologna ha confermato quest’anno la sentenza di primo grado che ha condannato il social per avere rimosso ingiustificatamente il profilo dell’avv. Vincenzo De Gaetano. I giudici hanno ribadito che la rimozione ingiustificata dell'account personale costituisce violazione della libertà di espressione e della personalità dell'utente, che sono tutelate dalla Costituzione. Precedentemente il tribunale aveva ritenuto che “la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione”.
Alla luce delle pronunce giudiziarie, è evidente che Facebook non può fare ciò che gli piace.
Lo scandalo: bloccati post condivisi da siti affidabili
In piena pandemia Covid, nel 2020 la piattaforma ha bloccato anche la condivisione di alcuni post sul coronavirus provenienti da siti affidabili come Buzzfeed, Usa Today, Atlantic e Medium: non si è trattato di una deliberata censura, ma di un bug causato da un sistema automatico, che confondeva capre e cavoli: uno scandalo. Il caso del sito ildelitto.it è tale e quale.
Incurante delle segnalazioni, Facebook aggrava
Il giornalista Salvo Bella nei giorni scorsi aveva tempestivamente avvisato il social di ciò che stava accadendo. “Le mie segnalazioni – dice Bella – sono rimaste però senza risposta. Di ora in ora, anzi, Facebook ha aggravato la situazione rimuovendo dai profili di qualsiasi utente i post che, persino molti anni fa, condividevano articoli della mia rivista o semplicemente ne citavano il nome: se gli articoli erano affidabili allora, come possono essere diventati adesso da eliminare? Vorremmo una spiegazione. Tuttora chi tenta di condividere qualche notizia dal sito si vede addirittura apparire un messaggio con l’avviso che non può farlo poiché la fonte è inaffidabile, quasi che fossimo malfattori o propalatori di fake news; un giudizio privo di fondamento e propagato con effetti diffamatori dei quali ho chiesto l’urgente interruzione, con il ripristino di tutti i post cancellati. I nostri contenuti sono sempre stati di lotta alla mafia e al crimine nonché di difesa delle vittime, i cui diritti non possono essere calpestati con colpi di spugna inverecondi, da parte di chicchessia, malandrino o miliardario”.