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Gruppo Edicom

 

direttore Salvo Bella         
       
 

Ramy Elgami

A Milano può essere ordinaria l’esultanza di qualche carabiniere o poliziotto per aver fatto schiantare al suolo non due pericolosi malfattori ma due ragazzi in fuga su una moto perché quello alla guida non ha la patente. Nel capoluogo lombardo si grida al successo quando si riesce ad acchiappare il mariuolo che ha strappato a una donna la borsetta con venti euro, scene che nessuno potrebbe mai vedere a Catania, dove carabinieri e polizia sono invece giornalmente alle prese con ben altro e con malavita di enorme spessore.

Si discute perciò del caso scellerato di quel Ramy Elgami che il 24 novembre nel quartiere Corvetto di Milano è morto sul colpo al termine di un inseguimento a dir poco discutibile. Sarà la magistratura a dire poi se e quali responsabilità penali ci siano state e da parte di chi.

All’origine di un incidente come quello ci sono situazioni ambientali e di costume strane, con una attenzione a dir poco scarsa alle attività delle cosche e con un sopravanzo di autorità nei confronti dei deboli autori di illeciti di scarsissimo rilievo. Ho avuto contezza di qualche funzionario di polizia che per aver catturato uno scippatorello chiamava i corrispondenti dei giornali pavoneggiandosi come se fosse stato Nembo Kid; non c’è da meravigliarsi perciò se appartenenti alla truppa ne traggano insegnamento, fino a sentirsi in diritto di scaraventare a terra due persone, pur in fuga, come se fossero un sacco di patate; stando alle immagini dell’accaduto mostrate ieri in tv, con l’ascolto di conversazioni fra militari che fanno venire i brividi.

Tutto ciò è estremamente spiacevole; e resta la consolazione che, per fortuna, si tratta di comportamenti non diffusi nell’Arma dei carabinieri.