La puntata di “Cose Nostre” a Rai1 ha esaltato ieri sera la figura dell’ispettore capo di polizia Giovanni Lizzio, ucciso a Catania dalla mafia il 27 luglio 1992: una ricostruzione drammatica attraverso il racconto agghiacciante del giornalista e scrittore Salvo Bella, anch’egli entrato più volte nel mirino della malavita organizzata.
Emilia Brandi, che dirige e conduce la serie televisiva, ha ricostruito il terribile scenario dei delitti in quegli anni nella provincia etnea: centotrenta morti l’anno fra le cosche in lotta, una guerra nella quale emergeva il boss Benedetto Santapaola e solo pochi inquirenti e giornalisti stavano in trincea per lottare i criminali. Come da titolo della trasmissione emergono “le regole dello sbirro” proprie di Giovanni Lizzio, investigatore tenace e inflessibile divenuto ben presto popolare, ma per questo anche oggetto di invidie e di calunnie, fino all’isolamento e all’uccisione.
“Cose Nostre” spazza via le vergognose maldicenze sul superpoliziotto e ne esalta le qualità umane e professionali, avvalendosi del racconto di Salvo Bella e del contributo di Grazia Lizzio, figlia della vittima, e del funzionario di Polizia Marcello La Bella, che aveva lavorato con Giovanni alla sezione antiestorsioni della questura. Ai testi elaborati per “Cose Nostre” dal giornalista Beniamino Daniele si aggiungono rari documenti raccolti da Lorenza Pleuteri, impaginati dal regista Raffaele Maiolino insieme con filmati originali e le testimonianze di mafiosi pentiti.
Gloria Piazzai, produttore esecutivo di “Cose Nostre”, ha curato con Emilia Brandi una puntata di importanza storica, che ha ottenuto un successo di ascolti e suscitato consensi in tutta Italia soprattutto negli ambienti di polizia; può essere rivista su RaiPlay.