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L'uccisione dell'ispettore di polizia Giovanni Lizzio e le guerre di mafia a Catania raccontate a Rai1 dal giornalista e scrittore Salvo Bella. Lunedì 18 settembre 2023, ore 23,30.
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- Scritto da Corrado Venezia
L’uccisione dell’ispettore capo di polizia Giovanni Lizzio a Catania sarà lunedì sera il tema della trasmissione “Cose Nostre”, alle 23,30 su Rai1, nel racconto del giornalista e scrittore Salvo Bella: al cronista, scampato alla mafia, il super poliziotto aveva predetto la propria morte.
Lizzio fu assassinato da due killer la sera del 27 luglio 1992, mentre rincasava in auto alla periferia di Catania. Tre giorni prima aveva festeggiato con la moglie e le due figliolette i suoi 45 anni. Salvo Bella, firma popolare del quotidiano “La Sicilia”, fu il primo cronista ad accorrere nel luogo dell’agguato dopo le “volanti” della questura. Insieme si erano trovati per decenni in trincea in una città insanguinata da delitti e in mano alla malavita organizzata: due amici su strade che erano separate ma parallele, costellate di burroni e gravi insidie.
Emilia Brandi continua la nuova serie di “Cose Nostre” con questa puntata dal titolo “Le regole dello sbirro”. Documenta le inquietudini di quegli anni cruenti nella provincia etnea, dove per decenni solo rari investigatori e giornalisti avevano lottato la mafia mentre le istituzioni ne negavano l’esistenza. Giovanni Lizzio era, in quel contesto drammatico, la polizia, pronto ad accorrere per i sopralluoghi e inflessibile, abilissimo nel condurre indagini, smascherare criminali ed arrestarli con operazioni personali.
La trasmissione propone immagini, documenti dell'epoca e testimonianze inedite,
Un ritratto ne esalta le qualità umane e professionali
Nella lunga intervista, registrata a Saxa Rubra, Bella offre di Giovanni Lizzio un ritratto che ne esalta le qualità umane e professionali: “Quando Giovanni – dice – mi confidò che qualcuno dalla questura aveva ordinato il suo omicidio e voleva andare a Roma dal capo della polizia lo fermai. Non credevo che lo avrebbero ucciso. Se avessi capito che mi sbagliavo lo avrei consigliato diversamente e mi resta il grave cruccio di non averlo fatto”. La testimonianza del cronista, resa subito pubblica dopo il delitto e nei processi, è stata ritenuta rilevante dalla magistratura fino alla Cassazione. Bella ha dedicato alla vicenda un inquietante capitolo del suo recente libro “Nera – Cinquant’anni di giornalismo in trincea tra mafia e poteri: delitti, cronisti, retroscena”, per il quale gli è stato conferito nella Protomoteca in Campidoglio il Premio Piersanti Mattarella
“Il poliziotto, per il suo ruolo, lotta – dice Bella – contro chi delinque, va insomma a senso unico. La mafia non ha tollerato che Lizzio non le usasse rispetto. Il cronista, invece, può mettere in risalto anche le manchevolezze delle istituzioni. Io l’ho fatto e penso che per questo la mafia, che tentò più volte di ammazzarmi, mi ha risparmiato”.
Cose Nostre è un programma di Emilia Brandi con la regia di Raffaele Maiolino, scritto con Vincenza Berti, Alessandro Chiappetta, Beniamino Daniele, Carlo Durante, Federico Lodoli e Sergio Leszczynski.
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“Il tuo ordine sarà consegnato oggi tra le 10 e le 22”: con questo messaggio, ripetuto dal 3 all’8 agosto, il corriere Paack, che vanta di essere efficientissimo, ha fatto attendere per cinque giorni chiuso in casa il destinatario di un pacchetto spedito dalla Cina.
Nei periodi di vacanza si verificano ritardi in molti servizi e in più siamo anche distratti o svogliati, desiderosi di trovare riparo dal caldo asfissiante e di non rinchiuderci in casa a soffocare. Se attendiamo però un pacco pazienza: evitiamo persino di allontanarci per comprare il pane fresco al supermercato e ce lo facciamo portare a domicilio, onde evitare che il fattorino passi giusto in quei pochi minuti di assenza, non ci trovi e riporti in magazzino ciò di cui aspettavamo la consegna.
La questione sollevata nei confronti del corriere Paack sembra però una barzelletta, tanto ha dell’incredibile. Il pacco era giunto il 2 agosto nel deposito di San Giuliano Milanese, distante una cinquantina di chilometri dalla località di consegna. Riservandosi di portare la questione davanti a un giudice per il danno subìto, il malcapitato ha scritto alla società: “Il giorno 3 mi avevate comunicato che il pacco sarebbe stato recapitato in giornata dalle 10 alle 22; il giorno 4 che la consegna sarebbe avvenuta invece proprio il 4; il giorno 7 che sarebbe avvenuta appunto il 7; il giorno 8 che sarebbe avvenuta l’8. Queste informazioni erano sbagliate”.
Rispondendo alla contestazione, Paack se n’è uscita limitandosi a dire che il pacco, come in effetti è avvenuto, è stato consegnato a mezzogiorno dell’8; ma nemmeno una parola sugli errati avvisi dei giorni precedenti e sul disagio arrecato; figurarsi le scuse!
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- Scritto da Salvo Bella
I violenti nubifragi che hanno colpito Milano e provincia dalle 13 di ieri alle 4 di stamani hanno causato una vittima, feriti, allagamenti e caduta di enormi alberi: un disastro che non può essere attribuito ai cambiamenti climatici, ma all’inquinamento atmosferico e all’incuria nella manutenzione del verde e delle caditoie destinate a captare l’acqua nelle strade.
Non può ritenersi casuale che avversità meteorologiche di inaudita violenza e di così gravi proporzioni si abbattano su aree geografiche specifiche e ben delimitate, con epicentro a Legnano e paesi confinanti; dove, nell’asse del Sempione, gravitano, guarda caso, acciaierie e altri complessi industriali le cui emissioni andrebbero più seriamente verificate. Le modalità quasi a camera stagna di questi fenomeni dovrebbero far riflettere meglio quei sindaci che pensano di confortare i cittadini con parole paternalistiche invece di mostrare una buona volta coraggio.
Le reti fognarie che si intasano sistematicamente a ogni pioggia sono la maledizione dei cittadini, che si ritrovano con le case invase da melma e liquami e non possono contare su alcun aiuto; immaginarsi sul risarcimento dei danni.
Le decine di alberi caduti nelle strade non erano “sani” come vorrebbe dare a intendere il sindaco di Legnano; se lo fossero stato, nessun vento di pochi chilometri orari avrebbe potuto spezzarne la robustissima fibra. Le foto rivelano invece che erano abbondantemente marci nelle radici e nel fusto, morti e pronti a precipitare al minimo soffio.
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- Scritto da Salvo Bella
Nell’anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino in via D’Amelio a Palermo (19 luglio 1992) si profilano scenari inquietanti per la giustizia italiana e la lotta alla mafia, con annunciate riforme che legherebbero le mani a magistrati inquirenti e giudici.
Sono notevoli le polemiche suscitate dall’ipotesi, avanzata dal ministro, di abolire il reato di concorso esterno in associazione mafiosa; e suscita perplessità la vaga assicurazione della presidente Meloni, essendosi limitata a dire che non si tratta di una priorità per il governo. Per quel reato è stato possibile condannare colletti bianchi, politici di destra e di sinistra che pur non essendo affiliati a organizzazioni mafiose - in Sicilia, in Calabria, in Campania e in Puglia – le hanno sostenuto e coperto dall’alto delle loro posizioni, in cambio di voti e altre utilità. Ciò è stato possibile grazie al coraggio e al lavoro di magistrati di elevato spessore morale e giuridico, attorno ai quali giustamente si è sviluppato in questi ultimi anni un consenso popolare sempre più vasto.
I risultati processuali confermano l’importanza di quella norma penale, che anziché abolita andrebbe semmai rimodulata per ampliare i limiti del cosiddetto concorso esterno. Ma al consenso popolare verso i magistrati che lottano la mafia in tutte le sue forme si contrappone da sempre lo spauracchio della politica, che non tollera di essere insidiata da indagini penetranti e aspira a introdurre norme – o modificarne – per essere del tutto intoccabile. In questa direzione vanno attualmente alcune novità di una annunciata riforma della giustizia: l’impossibilità di andare in appello in caso di assoluzione in primo grado, la limitazione delle intercettazioni telefoniche e dell’uso degli strumenti informatici più attuali; e via dicendo.
Onorare a Palermo, in questo scenario, Paolo Borsellino da parte della politica ha dunque dell’osceno.
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Dal giorno della sparizione a Firenze - 10 giugno – s’è complicato sempre più il mistero di Kata, come se la bambina peruviana fosse stata inghiottita nel nulla; ma la soluzione è nell’ex hotel occupato abusivamente dove la piccola è stata vista e filmata per l’ultima volta. Dal dispiegamento di reparti speciali dei carabinieri in meticolose ispezioni si intuisce che si cerca un corpicino privo di vita; ma cosa ci dice che si tratta di un omicidio?
Il titolo di reato – sequestro di persona – col quale è stato aperto un fascicolo può essere solo strumentale, come avviene per prassi in caso di sparizioni, soprattutto di minori; perché solo l’ipotesi formale di un delitto permette secondo le procedure di svolgere indagini giudiziarie anziché ricerche di protezione civile. Le circostanze della sparizione e il relativo contesto di illegalità diffusa hanno ben suggerito ad autorità e polizia giudiziaria che dev’essere accaduto qualcosa di molto grave.
L’ipotesi improbabile della tentata estorsione
L’ipotesi di un sequestro di persona a scopo di estorsione è però, sostanzialmente, illogica. I genitori di Kata non hanno risorse economiche importanti per poter soddisfare una eventuale richiesta di denaro, che oltretutto non ci sarebbe stata. Si suppone d’altro canto che un rapimento avrebbe potuto mirare a estorcere non denaro bensì altri utili, come il rilascio della stanza occupata dalla madre nell’ex hotel; una operazione troppo rischiosa per i sequestratori, che a obiettivo conseguito non avrebbero potuto liberare Katia, per poi essere scoperti e arrestati. Che cos’è dunque accaduto?
Movimenti frenetici nelle ore successive alla sparizione
Le indagini non si fanno con ipotesi e supposizioni né – come ventilato da informazioni suggestive – allargando in questo caso le ricerche addirittura all’estero. Giustamente gli inquirenti hanno continuato a cercare elementi obiettivi ed è assai probabile che ne abbiano raccolto in una decina di giorni di faticoso lavoro senza risparmio di risorse. Il più importante di tali elementi è proprio il luogo della sparizione, con le persone che ci vivevano prima dello sgombero effettuato per ordine del magistrato. Lì è accaduto un fatto tragico, almeno per una parte; e resta da definire dove sia stata portata quindi la bambina.
Perché può essere accaduto ciò? Forse per una vendetta o per motivi meno complessi di quelli discussi, non escluse la pedofilia o una punizione eccessiva finita male.
Il ritardo nella presentazione della denuncia di sparizione ai carabinieri può aver consentito di portare la bambina fuori dall’ex hotel in quelle ore convulse, semplicemente a persone che conoscevano bene il complesso e tutte le vie di uscita. Bisognerebbe, dunque, approfondire meglio i movimenti frenetici compiuti dalle persone che attualmente appaiono al di sopra di qualsiasi sospetto.
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- Scritto da Salvo Bella
Una curiosa “gita” dalla Procura della repubblica di Milano a quella di Roma e ritorno ha azzerato il primo procedimento penale avviato nel 2021 per la maxitruffa delle case da Reef, la società che incassava cospicui anticipi promettendo in vendita immobili di altri con pagamento del saldo in trent’anni senza interessi.
Le indagini erano scaturite da una querela da me presentata il 3 novembre, quale proprietario di una villa che la Reef intendeva acquistare a Legnano a quattrocentomila euro; ma, pur non avendo pagato nemmeno la caparra, offriva in vendita al prezzo, che definiva “choc” e di occasione, di soli duecentonovantottomila. Altri procedimenti sono stati poi avviati nel 2022 in varie città da acquirenti o venditori raggirati.
La vicenda è finita più volte sui giornali e nel programma televisivo “Striscia la notizia”. Sventata già un anno e mezzo fa la maxitruffa, mentre fioccavano le querele e diversi magistrati indagavano in varie città, tuttavia, la Reef ha potuto continuare a raggirare senza che alcuno la fermasse, pur essendoci la possibilità di intervenire nella flagranza di reati. Le cronache offrono ripetutamente notizie di arresti eseguiti immediatamente da carabinieri e polizia anche per truffette di soli dieci euro; ma in questo caso delle promesse vendite fasulle di appartamenti e ville passano tempi biblici.
Palleggiamento curioso fra magistrati di due Procure
La prima querela, per la vicenda di Legnano, già nel 2021 ha portato all’iscrizione di alcune persone nel registro degli indagati da parte del sostituto procuratore Maura Ripamonti. Allo scadere dei sei mesi allora previsti per la conclusione delle indagini preliminari, dopo avere svolto vari accertamenti attraverso la guardia di finanza, il 24 giugno 2022 il magistrato ha trasferito il procedimento alla Procura di Roma “per competenza”. Ma non è finita qui, anzi è avvenuta una sorta di palleggiamento curioso. Nella Capitale il procedimento è stato assegnato al pm Vincenzo Barba, che il 5 agosto l’ha quindi restituito “per competenza” a Milano: incredibile!
Il segreto istruttorio non consente di conoscere i motivi di questa sorprendente gita di andata e ritorno fra Milano e Roma.
Senza fine i termini delle indagini preliminari
Nel capoluogo lombardo il procedimento è tornato al pm Maura Ripamonti ed è stato come azzerato con una nuova iscrizione della notizia di reato, che praticamente fa decorrere dall’estate scorsa, anziché dal 2021, i termini per la conclusione delle indagini, frattanto aumentati da sei a dodici mesi a seguito della riforma Cartabia dell’ottobre 2022.
Il reato di truffa viene trattato giudiziariamente in modo blando e farraginoso, con lungaggini che agevolano i malfattori, consapevoli di poterla fare franca avendo tutto il tempo di fare sparire il maltolto.
I termini delle indagini preliminari per il caso Reef sembrano dunque senza fine, con numerose vittime già stanche di attendere giustizia, che non arriva mai, a differenza delle cartelle esattoriali e di bollette astronomiche con data di scadenza perentoria.
Il mancato esercizio dell’azione penale con la chiusura delle indagini potrebbe indurre il procuratore generale della repubblica di Milano ad avocarle.
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- Scritto da Salvo Bella
Dopo 30 anni di latitanza Matteo Messina Denaro è finito in carcere alzando le mani ai carabinieri come avevano fatto gli altri boss di Cosa Nostra. Preso quasi a un appuntamento, era disarmato, non si faceva proteggere da guardaspalle e, senza opporre resistenza, ha detto subito di essere il super padrino che stavano cercando.
Totò Riina fu catturato il 15 gennaio 1993 a Palermo mentre si spostava in auto, grazie, si disse, all’imbeccata del suo ex autista che dalla Sicilia era fuggito a Torino sapendo che la mafia aveva decretato la sua morte. L’operazione fu la più importante di quell’epoca, ma semplice ben più di quanto si potesse immaginare. Il più ricercato d’Italia, infatti, s’era mosso in precedenza in auto da una parte all’altra della Sicilia, ma facendosi sempre precedere e seguire da altre vetture con uomini protetti da giubbotti antiproiettile e armati di fucili mitragliatori e bombe; in tal modo alla periferia di Catania, dove si recava a un summit, era sfuggito alla cattura grazie al suo commando, che aveva ingaggiato un sanguinoso conflitto a fuoco con due coraggiosi carabinieri.
Il 18 maggio 1993 in un antico palazzo di campagna di Mazzarrone, in provincia di Catania, toccò a Benedetto Santapaola. Anche lui non oppose resistenza agli agenti dello Sco diretto allora dal questore Antonio Manganelli, poi diventato capo della polizia; e nel suo nascondiglio non era protetto da complici e nemmeno da vedette che potessero segnalare l’arrivo di carabinieri o poliziotti. Eppure a Catania era stato coinvolto più volte in aspri scontri armati fra malavitosi rivali e non s’era mai trovato solo.
Bernardo Provenzano, il successore di Totò Riina, fu poi catturato l’11 aprile 2006. Da feroce e pluri assassino, si nascondeva vivendo come un eremita e addirittura di stenti in una masseria di Corleone.
Infine oggi è stata la volta di Matteo Messina Denaro, lo stragista imprendibile e temutissimo, persino da passare ormai per leggendario, un’ombra capace di comandare e di riuscire a farla sempre franca.
Tutti questi padrini sono finiti in carcere quando, ormai ammalati e in precarie condizioni di salute, il loro potere, rimasto appena simbolico, era realmente finito; e per questo hanno alzato le mani, si sono arresi allo Stato che non aveva mai smesso di dare loro la caccia. Comunque siano andate le cose sfociate negli arresti, è stata posta fine a grandi incubi; e per questo meritano un encomio magistrati, carabinieri e poliziotti.
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- Scritto da Corrado Venezia
Una medaglia d’oro per i cinquant’anni di carriera è stata attribuita a Salvo Bella dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, che ha festeggiato l’evento stamani a Palermo con una breve cerimonia.
Bella è nato a Giarre in provincia di Catania nel 1949 e vive a Milano. Iscritto all’Albo dei giornalisti dal 26 febbraio 1971, ha lavorato come cronista di giudiziaria e di nera nei quotidiani “Espresso Sera” e “La Sicilia”, dirigendo anche giornali e collaborando con rotocalchi e programmi televisivi nazionali
La sua notorietà è legata alle inchieste sulla mafia e a libri di successo come “Rivelazioni sulla scomparsa di uno scienziato: Ettore MaJorana” (1975), “Il padrono, quale mafia?” (1980), “Yara, orrori e depistaggi” (2014) e il più recente “Nera – Cinquant’anni di giornalismo in trincea tra mafia e poteri: cronisti, delitti, retroscena” (2021), affermatosi il 21 maggio scorso in Campidoglio al sesto Premio Piersanti Mattarella.
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- Scritto da Salvo Bella
La morte di Giovanni Falcone era stata segnata da apparati dello Stato con un piano di neutralizzazione progressiva per impedirgli che scavasse ancora più in alto nella lotta contro la mafia. A trent’anni dall’orrenda strage del 23 maggio 1992 a Capaci ricordiamo le vittime con passerelle di politicanti di varie sponde, nessuna esente dalla responsabilità morale di decenni di misteri. Sui nomi delle vittime si esaltano traditori con sfilate vergognose, gentaglia in doppio petto che è stata come minimo reticente.
Poche le voci che si levano per chiedere luce su inquietanti misteri, giacché è impossibile che delinquenti sollevino coperchi sulle proprie malefatte; dei criminali, anzi, a volte si pentono, ma nessun uomo di apparato l’ha invece mai fatto.
Ancor più grave dell’omicidio di Giovanni Falcone sono state già prima l’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e poi, dopo, quella di Paolo Borsellino, per la particolarità che i due delitti erano stati ampiamente annunciati, ma da Roma avevano lasciato che gli stragisti portassero a compimento i piani scellerati. Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino era il trio di uomini veri e corretti che avrebbero potuto salvare la Sicilia e l'Italia da una pandemica violenza.
Gli esiti giudiziari hanno ampiamente rivelato il coinvolgimento di uomini di governo, magistrati e funzionari di polizia, tutti rimasti però intoccabili o addirittura avanzati in carriera, offrendo all’opinione pubblica come capri espiatori un paio di poliziotti che avevano solo eseguito degli ordini per depistare. Sono questi ultimi, servitori in uniforme, che pagano; l’hanno fatto con la vita essendo ignari delle porcherie e degli intrecci assai più in alto: a trent’anni dalla strage di Capaci, onori a loro!
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- Scritto da Corrado Venezia
Il giornalista e scrittore Salvo Bella ha ottenuto un prestigioso riconoscimento in Campidoglio al Premio Piersanti Mattarella per il libro “Nera – Cinquant’anni di giornalismo in trincea tra mafia e poteri: cronisti, delitti, retroscena” (Gruppo Edicom). La cerimonia si è svolta ieri a Roma nella Sala della Protomoteca in occasione di un convegno su “Recupero del senso del dovere”, con relatori il prefetto Rosalba Scialba, il generale dei carabinieri Pasquale Angelosanto, il magistrato Gaspare Sturzo e il presidente per l’Osservatorio della sicurezza della Regione Lazio Giampiero Gioffredi.
Il premio, organizzato in sesta edizione da “Onlus memoria nel cuore”, intende celebrare l’opera morale, istituzionale e civile di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione assassinato a Palermo dalla mafia il 6 gennaio 1980. Fra le varie sezioni ne vanta una particolarmente significativa dedicata a libri inchiesta di giornalisti, dei quali cinque sono stati ritenuti meritevoli. Il libro “Nera” di Salvo Bella appariva il più in tema con l’impegno civile di Sergio Mattarella in Sicilia contro la mafia, ma è stato scavalcato al primo posto da “Molise criminale” di Giovanni Mancinone, che tratta di fatti delinquenziali ben distanti.
L’organizzatore Orazio Santagati non ha reso noti i nomi dei componenti della giuria e nemmeno le motivazioni, che avrebbero chiarito i criteri delle scelte, evitando di deludere poeti e scrittori partecipanti nelle varie sezioni.
“Sono lusingato – dice Salvo Bella -. Sarei stato lieto che in pubblico si conoscessero i motivi per i quali sono stati scelti il mio libro e quelli degli altri. A sostenere la lotta contro lo strapotere mafioso ci vuole troppo coraggio; e la Onlus ne ha avuto quanto basta per segnalare almeno al secondo posto il mio libro dal contenuto rovente”.
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- Scritto da Salvo Bella
MILANO - Vuoi comprare casa? Nessun problema: la società Reef la offre a prezzo di svendita e puoi persino pagare in trent’anni senza interessi. Ma “Striscia la notizia” (https://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/reef-e-gli-affari-immobiliari-incomprensibili_77469.shtml) ha demolito ieri sera il “miracolo”, colpendo in anticipo sulle Procure che da mesi indagano in mezza Italia: pagata la cospicua caparra, infatti, l’acquirente può mettersi il cuore in pace perché non avrà la casa e non riavrà nemmeno i propri soldi.
Campagne pubblicitarie massicce hanno lanciato dalla primavera dell’anno scorso il “metodo”, un meccanismo apparentemente rivoluzionario e allettante nella compravendita di immobili a uso residenziale, sfoggiando sedi a Roma, Milano, Cagliari e Asti nelle quali attrarre i potenziali clienti: prezzi di acquisto secondo mercato da proprietari e subito dopo stracciati, definiti di “svendita” e persino “choc” per i compratori.
Ai compratori è stata negata da Reef la possibilità di pagare l’intero prezzo di acquisto davanti al notaio al momento del trasferimento di proprietà: hanno spiegato di non avere interesse a proposte di quel genere, essendo il loro “meccanismo” basato solo su dilazioni di pagamento con prestito diretto, senza mutuo, senza interessi e intervento di banche.
Ma com’è possibile promettere l’acquisto di una villa a quattrocento euro e venderla subito a trecento? Miracolo di benefattori!
Come rivelato da Moreno Morello e Chiara Squaglia a “Striscia la notizia”, molti proprietari non hanno ricevuto un euro da Reef, che invece ha continuato a incassare cospicue caparre dagli acquirenti, costretti a ricorrere in giudizio nella speranza, forse vana, di ottenere il maltolto.
Indagano la Guardia di Finanza e le Procure di Milano e Roma
Già dall’autunno scorso l’attività di Reef è finita nel mirino della Guardia di Finanza e delle Procure della Repubblica di Milano e Roma, che procedono a carico di componenti di un sodalizio dalle attività più che sospette. Le cronache offrono notizie di arresti immediati per odiose truffette di pochi euro ai danni di anziane pensionate, mentre i procedimenti vanno a rilento su un colossale raggiro in ambito nazionale che, in mancanza di provvedimenti tempestivi, non è cessato: dove i magistrati non sono ancora intervenuti ecco “Striscia la notizia” ad anticiparli, mettendo sull’avviso; ma c’è grande attesa per gli sviluppi giudiziari.
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- Scritto da Corrado Venezia
La giuria del Premio Piersanti Mattarella ha scelto i libri finalisti fra i quali il 21 maggio a Roma saranno proclamati i quattro vincitori con una cerimonia in Campidoglio. L’ha reso noto lo scrittore Orazio Santagati, presidente della Onlus “Memoria nel cuore”, ideatrice e organizzatrice del prestigioso premio, giunto alla sesta edizione. Fra i prescelti per i libri di inchiesta c’è il giornalista e scrittore Salvo Bella col volume “Nera – Cinquant’anni di giornalismo in trincea tra mafia e poteri: cronisti, delitti, retroscena”, pubblicato a Milano da Gruppo Edicom.
Salvo Bella è nato nel 1949 a Giarre. Giornalista professionista e allievo di Giuseppe Fava, da redattore del quotidiano “La Sicilia” e direttore di giornali s’è occupato di mafia e criminalità, svolgendo inchieste i cui esiti sono stati fatti propri dalla Commissione parlamentare antimafia. Dirige la rivista "Il delitto". Nel 1997 ha smascherato “il cacciatore di anoressiche”, convincendolo a rivelare la sua doppia personalità: era l’antiquario di Pisogne Marco Mariolini, che in un libro choc annunciò un omicidio, poi commesso l’anno dopo. Il caso ha ispirato il film di Matteo Garrone “Primo amore”, premiato al Festival internazionale di Berlino. Fra i suoi libri "La regola del silenzio" (Catania 1970), “Rivelazioni sulla scomparsa di uno scienziato: Ettore Majorana” (Milano 1975), “Il padrono: quale mafia?” (Milano 1980), "Toghe all'inferno" (Catania 1994), "Yara, orrori e depistaggi" (Milano 2014).
Il premio ha per tema “il recupero del senso del dovere” e promuove espressioni d’ingegno letterario e culturale di ogni ispirazione sociale per celebrare l’opera morale, istituzionale e civile di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione assassinato a Palermo dalla mafia il 6 gennaio 1980.
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- Scritto da Salvo Bella
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La legge punisce in modo assai blando le manovre speculative miliardarie che stanno causando il rincaro dei prezzi di gas, benzina, petrolio ed elettricità: reclusione fino a tre anni per il cosiddetto aggiotaggio e altrettanto per la truffa. L’orientamento del governo a colpire fiscalmente una parte degli extra profitti sembra avvalorare indirettamente che la speculazione rientri nelle libere attività di impresa, senza costituire piuttosto reato; ed ecco che I procedimenti penali intentati da associazioni di consumatori stagnano e sembrano destinati all’archiviazione.
Il Servizio Elettrico Nazionale ci tiene a spiegare correttamente agli utenti che le condizioni economiche applicate vengono stabilite ogni tre mesi dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera). Non si comprende perciò come sia possibile che gran parte degli aumenti in discussione venga legittimata da un organismo indipendente il cui Collegio è composto da cinque membri che, pur nominati (non eletti) dal Parlamento, sono tecnici di grandi competenze.
I politici blaterano sollecitando provvedimenti urgenti a sostegno di privati e imprese, che non sono in grado di sostenere costi astronomici. La verità è però che sono al governo e si sono limitati ad alcuni palliativi, come l’annullamento provvisorio di oneri generali di sistema per il secondo trimestre di quest’anno, la possibilità di rateizzare le bollette e un taglio di pochi centesimi di riduzione delle tasse sui carburanti, peraltro mai applicato. Non è solo l’unico partito di opposizione a restare sostanzialmente muto per non disturbare le lobby: i costi degli sconti ridicoli agli utenti ricadono sempre e comunque solo sui cittadini.
In questa situazione non c’è nulla che possa fare arretrare gli speculatori, che rimangono garantiti.
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