Partì probabilmente dalla questura l’ordine di uccidere a Catania l’ispettore capo di polizia Giovanni Lizzio, assassinato la sera del 27 luglio 1992. A quasi trent’anni dal delitto lo sostiene nel suo nuovo libro “Nera” Salvo Bella, cronista storico catanese, al quale Lizzio l’aveva confidato prima di cadere nell’agguato di due killer.
Il giornalista scrive che “Lizzio aveva operato brillantemente da sottufficiale alla sezione omicidi sotto la direzione del vice questore Tony Ganci, in un manipolo di agenti impegnati giorno e notte con coraggio contro la malavita e anche con ottimi risultati. Intervenuto un avvicendamento a capo di quella sezione, s’era però appalesato sempre più un tentativo di obnubilamento della popolarità e del prestigio di Lizzio, limitandone in vari modi l’operatività. Questa situazione era nota in questura”.
Nell’immediatezza del delitto, Bella rivelò subito che l’ispettore gli aveva annunciato che stavano per ucciderlo e che l’ordine era stato dato da un funzionario di polizia.
Le conclusioni processuali, sulla base di rivelazioni di pentiti, hanno attribuito al capomafia Benedetto Santapaola il ruolo di mandante, ma secondo Bella “non ci furono indagini approfondite negli ambienti di polizia, che evidenziavano l’ipotesi di un possibile movente”.
“Giovanni - scrive il giornalista - non aveva però avuto una suggestione nel predire il suo assassinio; e mi inquietano da allora le sue ultime parole drammatiche”.
Bella confermò in ripetuti interrogatori i contenuti della drammatica conversazione che aveva avuto con Lizzio, ma non vennero mai fuori dei nomi, che potrebbero adesso saltar fuori.
Il caso Lizzio è affrontato da Salvo Bella nel suo libro “Nera” – appena pubblicato da Gruppo Edicom - con retroscena su una serie di delitti dei quali, prevalentemente in Sicilia, s’è occupato negli ultimi cinquant’anni. Con nomi e cognomi, il giornalista mostra in una luce inedita personaggi anche delle istituzioni, brutture, misteri.