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- Scritto da Salvo Bella
Gli imputati di omicidio che si proclamano innocenti e sono andati a gridarlo nelle tv, personalmente o con i propri avvocati, sono quasi sempre risultati colpevoli e condannati;molti altri che sono stati assolti non si erano invece mai battuti davanti alle telecamere. Nel primo gruppo rientra anche Massimo Bossetti, che due Corti hanno condannato all’ergastolo. Questo “bilancio” di una semplice ricerca attraverso le cronache giudiziarie italiane recenti sorprende e può dirla lunga sui motivi, per nulla chiari, per i quali si va a cercare consensi dell’opinione pubblica, finalizzati perlomeno a gridare poi in avanti al complotto, ma anche ad altro. Chi ci guadagna? Solo avvocati.
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- Scritto da Salvo Bella
Morte e lutto della giustizia, giudici assassini, criminali, venduti: sono le parole con le quali gli innocentisti si sono trasformati lestamente in forcaioli alla conferma della condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti. La tensione accumulata nelle ore di attesa fino alla lettura della sentenza è esplosa nella notte in una baraonda nei gruppi social, ma nessuno si è chiesto perché, oltre la tesi complottista, il processo è andato a questa prevedibile conclusione.
Una indagine molto complessa – unica in Italia – come quella sull’omicidio di Yara Gambirasio ha sollevato inevitabili perplessità e pure dei sospetti, in considerazione degli apparati che sono intervenuti nelle indagini: anche i più strani e per nulla trasparenti, proprio quelli che in molte vicende oscure hanno storicamente depistato, manipolato e costruito apparenze per nascondere verità scomode. La vicenda era di quelle sulle quali lo Stato deve dare a qualsiasi costo una risposta; e i costi delle indagini erano stati faraonici, così da dovere offrire un responsabile del delitto.
Leggi tutto: Bossetti nei blog, morte della giustizia o lurido assassino
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- Scritto da Salvo Bella
BRESCIA - La linea difensiva non ha protetto totalmente Massimo Bossetti dall’ergastolo, appena confermatogli senza sconti dalla Corte d’Assise d’appello nel processo di secondo grado per l’omicidio di Yara Gambirasio. Per un delitto non meno efferato, quello di Chiara Poggi a Garlasco, Alberto Stasi se la sta cavando invece con sedici anni di carcere.
I giudici non hanno avuto dubbi sulla colpevolezza del muratore di Mapello. Bisogna aspettare la motivazione della sentenza per capire quali sono stati gli elementi che hanno portato a questa conclusione della vicenda giudiziaria, ma è facile immaginare che sia stata ritenuta per la seconda volta schiacciante la prova del dna rilevato sugli slip della ragazza assassinata e attribuito a Massimo Bossetti.
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- Scritto da Super User
Il conto alla rovescia per la sentenza nel processo d'appello a Massimo Bossetti ha intensificato nei gruppi di Facebook la tensione fra innocentisti e colpevolisti. La rivista "Il Delitto" ha cercato qui di riassumere le previsioni in un TotoBossetti e i giudizi sui protagonisti delle udienze svoltesi a Brescia.
Esprimi con un clic la tua previsione
Con un clic sulla foto in alto, il lettore può esprimere la sua previsione sulle conclusioni del processo.
Il nodo più importante da sciogliere da parte dei giudici in camera di consiglio verterà sulla richiesta della difesa di ripetere la perizia del dna rilevato sugli slip di Yara Gambirasio e attribuito a Bossetti. In linea teorica, non regge l'assunto che non sia valido un accertamento effettuato prima della identificazione di un indagato: un principio di tal genere, infatti, minerebbe uno dei fondamenti del diritto. La questione non è invece da poco sul piano sostanziale, a causa dei dubbi, anche molto gravi, emersi su una prova basata su certezze scientifiche di parte assai controverse.
La Corte tuttavia, indipendentemente dalle richieste formulate in questo processo di secondo grado, può disporre ovviamente secondo il principio del libero convincimento in base agli atti. Le ipotesi dunque possono essere tre: 1) assoluzione di Bossetti per insufficienza di prove; 2) conferma dell'ergastolo; 3) ordinanza di rinnovazione parziale dell'istruttoria.
Ecco una tabella di pronostici
Efficacia delle parti processuali
Su blog e gruppi Fb pro o contro Bossetti sono divampate da tempo polemiche anche sulle parti processuali. Chi è stato al processo più convincente? Ecco in quest'altra tavola una rappresentazione grafica dell'efficacia dei protagonisti in base alle attività svolte; è evidente che non c'è alcun intento di valutazione sulle qualità personali e professionali, trattandosi di liberi giudizi, condivisibili oppure no, su rigore tecnico e rispetto delle procedure.
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- Scritto da Salvo Bella
Tre anni di carcere non sono la cella a vita, ma finire in galera da vittime è sconcertante. Il caso di malagiustizia capitato a Donato Pistillo rivela una caterva di errori commessi a Monza, con una serie di insabbiamenti avvenuti in vari uffici giudiziari: magistrati che commettono falsi e si prosciolgono fra di loro come se nulla fosse fra Brescia e Venezia, reclami e opposizioni, richieste di revisione trattate anche a Roma come se si maneggiassero broccoli.
La vicenda è di uno squallido giro di prostituzione fra la Romania e la Brianza, dove un normale cittadino ha avuto la sventura di portarsi dall’estero un’avvenente fidanzata e trovarsi poi minacciato di una montatura da parte della madre perché ospitasse in Lombardia anche l’altra figlia, perché potesse proseguire qui, con guadagni assai più elevati, la sua attività di prostituta.
Leggi tutto: Malagiustizia: ricattato da una rumena, condannato a 3 anni
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- Scritto da Salvo Bella
Il supertestimone dell’ultima ora sul caso Yara Gambirasio, Luca Matteja, nell’annunciare il nome del vero assassino della ragazza di Brembate ha precisato di avere “una dote”, qualcosa probabilmente come quella che nella serie televisiva “Il restauratore” aveva il protagonista magistralmente interpretato da Lando Buzzanza. Ma in quel caso si trattava di film, mentre la clamorosa anticipazione riguarda un omicidio brutale.
“L’intelligenza investigativa non è un mestiere, è una dote”. L’autore del commento a un post su Facebook ha esordito ieri sera con questa precisazione, per aggiungere subito dopo: “Quando verra' il momento spieghero', quello che un pirla qualsiasi ha scoperto, e che tutti si domandano: di chi e' quel dna, perche' incastrare proprio Bossetti, chi ha ammazzato Yara".
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- Scritto da Salvo Bella
L’annuncio di future rivelazioni sul vero assassino di Yara Gambirasio ha scatenato la “caccia” all’autore del presunto scoop, un certo Luca Luca Matteja, mentre oggi a Brescia va verso le conclusioni il processo d’appello a Massimo Bossetti.
La notizia, data intorno alle 21 di ieri e subito diffusa con qualche interrogativo dalla nostra rivista, ha suscitato un vespaio di polemiche fra innocentisti e colpevolisti su Facebook. L’affermazione era apparsa come un fulmine a ciel sereno sulla pagina personale Fb di Selene Ben Slimane, una professionista e persona di cultura, sotto il link a un articolo sul processo Bossetti diffuso dall’agenzia Ansa. Fra i vari commenti s’è inserito quello a nome di Luca Luca Matteja che ha in un primo momento gelato e poi scaldato una discussione: "Quando verra' il momento spieghero', quello che un pirla qualsiasi ha scoperto, e che tutti si domandano: di chi e' quel dna, perche' incastrare proprio Bossetti, chi ha ammazzato Yara".
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- Scritto da Il Delitto
Una conversazione sul processo in corso a Brescia a Massimo Bossetti ha registrato stasera in una pagina Facebook il clamoroso annuncio di uno dei partecipanti: "Rivelerò chi ha ucciso Yara". Roba esilarante o c'è qualcosa di importante che nessuno ancora conosce sull'omicidio Gambirasio, un segreto che merita di essere subito rivelato? Difficile capire se sia probabilmente la sparata megalomane di uno degli innumerevoli "esperti" e pseudo investigatori che scrivono su Facebook senza saper mettere bene una parola accanto all'altra; ma la notizia va data e richiede qualche urgente accertamento.
Le parole testuali scritte intorno alle 21 sono "Quando verra' il momento spieghero', quello che un pirla qualsiasi ha scoperto, e che tutti si domandano: di chi e' quel dna, perche' incastrare proprio Bossetti, chi ha ammazzato Yara". Il commento è apparso a nome di "Luca Luca Matteja", ricorrente nei gruppi social che si battono per l'innocenza di Massimo Bossetti. Dal testo sembra che l'autore possa essere a conoscenza di fatti importanti mai portati finora a conoscenza dell'autorità giudiziaria, tant'è che annuncia sibillinamente che intende rivelarli "Quando verrà il momento".
Bossetti: nella storia del presidente della Corte guerra fra toghe e una denuncia (caduta) per frode
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- Scritto da Salvo Bella
Rigoroso ma col sorriso, una carriera ed esperienze autorevoli, Enrico Fischetti, il presidente della Corte d’Assise d’appello che sta giudicando a Brescia il muratore Massimo Bossetti per la morte di Yara Gambirasio, è stato suo malgrado protagonista di una guerra fra toghe. Aveva ragione: secondo il Consiglio di Stato, era stato scavalcato infatti dal Csm con un “evidente difetto di trasparenza e linearità”. Ci sono sentenze importanti nella sua storia professionale, che non è stata scalfita nemmeno da una recente denuncia per falso e frode processuale, subito ritenuta infondata.
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- Scritto da Enza Morelli
Yara Gambirasio era forse viva fino al 10 gennaio 2011, due mesi e mezzo dopo la sparizione misteriosa, avvenuta a Brembate di Sopra il 26 novembre 2010. Può essere più di una ipotesi, pur smentita debolmente dagli esiti dell’autopsia, perché ad affermarlo sono stati i più alti inquirenti che indagavano sull’inquietante caso. Sarebbe solo una importante conferma, perciò, la foto satellitare, presentata al processo d’appello, dalla quale sembra che il 24 gennaio 2011 il cadavere della ragazza non fosse a Chignolo d’Isola nel campo dove fu poi ritrovato il 26 febbraio.
La questione del giorno della morte di Yara è entrata tardivamente nella vicenda giudiziaria, proprio da una settimana, nel processo d’appello che si celebra a Brescia per decidere dell’ergastolo inflitto in primo grado a Massimo Bossetti. La sentenza in discussione si basa sulla “certezza” che la ragazza fu uccisa subito proprio nel campo di Chignolo, ma fa acqua da molte parti e suscita enormi interrogativi.
Il “giallo” era stato documentato nel libro “Yara, orrori e depistaggi”, una inchiesta del giornalista Salvo Bella pubblicata a febbraio del 2014. Il libro evidenziava che il 10 gennaio 2011 il questore Vincenzo Ricciardi aveva dichiarato “Noi lavoriamo perché vogliamo riportare a casa Yara viva, e ci riusciremo, basta un pizzico di fortuna”. La stessa cosa aveva detto un mese prima il procuratore aggiunto di Bergamo Massimo Meroni.
Nonostante tali evidenze sorprendenti, al dibattimento in Corte d’Assise non furono chiesti lumi a Bella e soprattutto ai due alti inquirenti, le cui dichiarazioni non sono state mai smentite.
La battaglia in corso in secondo grado da parte della difesa di Massimo Bossetti, che punta ora sull’immagine rivelatrice del satellite WorldView-1, manca dunque, tuttora, di quegli elementi probatori rivelati da un giornalista più di tre anni e mezzo fa, che non essendo entrati nella sentenza di primo grado resteranno fuori, sorprendentemente, anche da questo secondo processo.
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- Scritto da Salvo Bella
BRESCIA - Immagini satellitari rivelatrici di un nuovo scenario sulla morte di Yara Gambirasio oppure inutili per far cancellare l’ergastolo a Massimo Bossetti? C’è sulle riprese satellitari una sorta di misterioso gioco delle tre carte: non ne esistevano secondo la Procura di Bergamo, anzi erano inutili, ma la Procura generale ne ha tirato fuori adesso a sorpresa, come da un cappello magico, per sminuire l’importanza eventuale di questi mezzi di prova. La questione, appena emersa venerdì scorso all’apertura, sarà oggetto di discussione al processo in corso in Corte d’Assise d’appello, dove domani avrà la parola la difesa.
I difensori di Bossetti, com’è noto, con i motivi aggiuntivi d’appello hanno consegnato ai giudici una foto ripresa alle 10,41 del 24 gennaio 2011 nel campo di Chignolo d’Isola: essa proverebbe che non c’era il cadavere di Yara, poi scoperto proprio lì il 26 febbraio 2011 da un aeromodellista. La sentenza di primo grado sostiene invece che la ragazza morì lì la sera della sparizione, il 26 novembre 2010. Com'è possibile?
Leggi tutto: Bossetti, gioco delle tre carte sulle immagini satellitari
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- Scritto da inviato Salvo Bella
BRESCIA - Alla prima udienza del processo d’appello a Massimo Bossetti per la morte di Yara Gambirasio, cominciato ieri, si sono trovati uno accanto all’altro studenti di giurisprudenza - che spesso seguono i processi per imparare -, pensionati desiderosi di impegnare alcune ore in un modo insolito e soprattutto innocentisti e colpevolisti, animatori di gruppi Facebook e blog, persone in buona fede accorse per vedere Massimo Bossetti ma anche altre (poche per fortuna) intenzionate ad apostrofarlo; e pure millantatori, pseudo investigatori e sedicenti esperti di diritto, con l’interesse di farsi vedere e poter dire ad altri, come accadde per il processo di primo grado, “Ma tu che ne sai, io ho seguito le udienze, sono un testimone del popolo”; come se la presenza a un processo conferisca chissà quali patenti.
Prima e dopo l’udienza di ieri, oltre ai pochi giornalisti di professione, che sappiamo informare computamente pur con diversità di opinioni, così da poter soddisfare tutti i palati, improvvisati cronisti di giudiziaria hanno avuto il loro momento di gloria nel farsi fotografare e raccontare agli amici per telefono.
All’udienza ha partecipato pure un nutrito gruppo di uditrici giudiziarie, avvenenti giovani sedute in bella mostra alle spalle della Corte, chiamate a istruirsi sulla procedura penale: al loro arrivo, alcuni giornalisti abbiamo maliziosamente commentato in sordina “sembra una sfilata di candidate miss”.
Prima ancora che l’udienza fosse chiusa, alle 19,15, sono cominciati gli scontri fra colpevolisti e innocentisti, divisi in gruppi Fb pubblici, chiusi e segreti; molti incapaci di discernere persino tra le nostre informazioni tecnico-professionali e le opinioni, pronti a sottoporci alcuni ad interrogatorio per sapere da quale parte stessimo.
Il processo Bossetti non è, tuttavia, in questo folclore di un’opinione pubblica che da oltre sei anni vorrebbe conoscere la verità sulla misteriosa morte di Yara Gambirasio ma si trova disorientata sia dalla sentenza di condanna di Bossetti sia dal predicozzo di soloni pronti a piangere o cantare vittoria; a giudicare la qualità del lavoro, sicuramente impagabile, degli avvocati difensori, per esaltarli o denigrarli; a sostituirsi alle Corti in ardite e stupidocche valutazioni delle procedure e delle prove che persino i giudici più esperti e di esperienza faticano ad effettuare.
Ognuno è libero di esprimere il proprio parere in base alle competenze personali. Ora però è solo la Corte d’Assise d’appello di Brescia a dover giudicare Massimo Bossetti; e le motivazioni di ogni suo provvedimento potranno essere poi commentate non con l’emotività di “testimoni del popolo” ma con la scienza che richiede il punto di vista del diritto, lo stesso che ha visto anche ieri impegnati rigorosamente gli avvocati di Bossetti per averne riconosciuta l’innocenza.
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- Scritto da inviato Salvo Bella
BRESCIA - La richiesta della difesa di ripetere gli accertamenti sul dna che hanno incastrato Massimo Bossetti sarebbe inutile: secondo il procuratore Marco Martani, infatti, la sostanza fu consumata passando da un laboratorio all’altro, centoquattro in tutto, come dire migliaia di mani, in Italia e all’estero, che in modo sconcertante esaurirono il materiale biologico, determinante ai fini della prova.
La prima udienza del processo di secondo grado per la morte di Yara Gambirasio, che si è svolta ieri, com’è noto, in modo del tutto ordinato e sereno, ha permesso all’accusa di esporre una lunga analisi, durata parecchie ore, dei motivi di appello. La requisitoria, conclusasi con la richiesta di conferma dell’ergastolo, può aver messo a segno qualche gol per la capacità di eventualmente suggestionare la giuria popolare (tre donne e altrettanti uomini, tutti attentissimi). Gli elementi sciorinati non ci sono parsi tuttavia di particolare interesse giuridico, ma basati su supposizioni logiche e in alcuni casi contraddittorie.
La mancata ripetizione della perizia sul Dna non avrebbe leso, secondo il procuratore, i diritti della difesa: il dna mitocondriale sarebbe processualmente di scarso interesse; l’utilizzo di kit reagenti scaduti da parte del Ris di Parma irrilevante, poiché le date dei limiti di utilizzo vengono apposte solo per “scopi commerciali”. Al luminare genetista Gill, inoltre, non sarebbe stato chiesto di valutare il lavoro svolto in Italia sulle tracce di dna e le sue osservazioni si riferiscono a tracce molto modeste da fugace contatto e non da versamento abbondante come nel caso in discussione.
A questo “versamento abbondante” ricordato dall’accusa non va a corrispondere nemmeno dal punto di vista logico che le attività di laboratorio e le conclusioni furono “ineccepili”: lo stesso procuratore ha ammesso infatti che “fu necessario ampliare le analisi in modo inusuale”, una conferma che lascia a dir poco perplessi sulle modalità di spendere nelle indagini denaro pubblico e soprattutto di garantire i diritti della difesa.
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- Scritto da Salvo Bella
BRESCIA - L’accusa si oppone a nuove indagini richieste per provare che la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti per l’uccisione di Yara Gambirasio è un errore. Il secondo processo, cominciato oggi a Brescia in Corte d’Assise d’appello, dalla prima udienza è entrato subito nel vivo, in toni minori ma dagli esiti provvisori che non aggiungono nulla di nuovo alla contrapposizione dura fra le Procure e la difesa, che fra una settimana potrà passare all'attacco.
Sono state dieci ore di udienza che il presidente della Corte, Enrico Fischietti, ha amministrato con saggezza, assicurandone uno svolgimento sereno. Può essere la principale nota positiva di un processo che si annunciava caldo e caratterizzato da polemiche ed è filato invece al primo giorno liscio e con ordine anche per l’afflusso di pubblico, regolato diligentemente e con garbo da carabinieri del comando provinciale. Al di là di questa riflessione, per la cronaca è già noto che il presidente della Corte ha aperto poco dopo le 9 il processo riassumendo la sentenza di primo grado e i motivi degli appelli, il primo degli avvocati Claudio Salvagni e Massimo Camporini, che chiedono l’assoluzione di Bossetti, e gli altri della Procura di Bergamo e di quella generale di Brescia, che chiedono invece la parziale riforma della sentenza di primo grado per confermare l’ergastolo e condannare l’imputato anche per calunnia di un compagno di lavoro, reato dal quale era stato assolto in primo grado.
S’è aperto quindi il dibattimento, con la requisitoria del pubblico ministero, l’avvocato dello Stato Marco Martani, apostrofato all’improvviso da Bossetti: “Non dica idiozie”. Bossetti all’arrivo in aula era apparso assai smagrito e aveva ottenuto, su sua richiesta, di sedere accanto ai difensori. La moglie Marita Comi sedeva in una delle prime file, dietro gli avvocati; la madre Ester Arzuffi assai indietro, tra la folla. Le due donne non sono state viste scambiarsi alcuna parola, ma Ester ha mandato a Marita un rosario attraverso una nostra collega.
In sostanza l’accusa - di cui ricalcano pienamente le posizioni le parti civili - ha discusso la sentenza di primo grado, ritenendola ineccepibile e facendo proprie le conclusioni del sostituto procuratore Letizia Ruggeri, in base alle quali sarebbero da respingere tutti i motivi d’appello della difesa, alcuni per avere dichiarata la nullità di molte ordinanze e quella principale per ottenere il rinnovamento dell’istruttoria con una nuova perizia sulle tracce di dna rilevate su alcuni indumenti di Yara, attraverso le quali si è pervenuti alla sentenza di condanna. Nulla di nuovo, dunque, sotto questo aspetto, com’era prevedibile: secondo il pm non ci sarebbero novità nelle richieste dei difensori, i cui motivi di appello sono stati definiti fantasiosi e campati in aria.
Sorprendente è stata invece la richiesta del sostituto Pg di dichiarare inammissibili i motivi aggiuntivi di appello presentati dai difensori di Bossetti il 15 giugno. Essi riguardano immagini satellitari del punto in cui il 26 febbraio 2011 fu rinvenuto a Chignolo d’Isola il corpo senza vita di Yara. La sentenza di primo grado ha sostenuto che la ragazza fu uccisa la sera stessa della sparizione e nel luogo stesso del ritrovamento; ma tali immagini proverebbero una verità diversa e che quel corpo non era lì il 24 gennaio 2011. Di parere diverso è l’accusa, secondo la quale la scarsa risoluzione delle foto non consentirebbe alcuna deduzione. In ogni caso, la richiesta andrebbe respinta per una questione di lana caprina: i motivi aggiuntivi dovevano essere presentati infatti almeno quindici giorni prima dell’apertura del processo, ma sarebbero stati depositati con un giorno di ritardo.
Fra una settimana, il 6 luglio, sarà la volta della difesa.
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